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Libri sulla Grecia. I classici da non perdere per nomadi e viaggiatori.

Aggiornamento: 26 dic 2024



Vuoi prepararti al tuo viaggio in #Grecia con un buon libro? Vuoi scegliere sin da ora i libri da portarti in vacanza o semplicemente immergerti nella cultura greca?

Sorvoliamo sui classici della filosofia greca e parliamo degli imprescindibili e dei capisaldi del sentire ellenico, quelli che ogni viaggiatore appassionato della Grecia non può non avere nella sua biblioteca. Perché non finiremo mai di amarli e certe descrizioni non smetteranno mai di risuonare dentro di noi e di emozionarci. Sono eterni ed eternamente ci ritroveremo in quelle pagine.

Ecco i #librisullaGrecia che ti consiglio di leggere se ancora non l’hai fatto:


Il Colosso di Marussi di Henry Miller

Mani di Patrick Leigh Fermor

Zorba il greco di Nikos Kazantzakis

Odissea di Nikos Kazantzakis


Henry Miller, Il Colosso di Marussi (1941)

Grecia eterna bellezza

Lo scrittore americano Henry Miller nel 1939 ebbe l’ idea di un viaggio in Grecia, dove rimase per nove mesi. Il Colosso di Marussi racconta come forse nessun altro le sue impressioni su quella terra magica e sensuale, la cui luce unica ancora affascina chiunque la visiti. Una terra di abbagliante bellezza e di una presenza quasi metafisica che mai nulla riuscirà a scalfire, dove “le rocce sono eloquenti”, “Atene luccica al sole come un gioiello” e dove “ogni sosta è un tramite lungo un sentiero disegnato dagli dèi”.

Difficile trovare descrizioni sulla Grecia altrettanto poetiche e ancora oggi così attuali.




Di seguito alcune citazioni memorabili:


In Grecia si ha il desiderio di bagnarsi nel cielo.


Cose meravigliose ti capitano in Grecia, buone cose meravigliose che non possono capitare altrove sulla terra.


Dal mare come se Omero in persona si fosse dato da fare per me, sbucavano le isole, solitarie, deserte, misteriose nella luce morente.


In Grecia avevo la strana sensazione di trovarmi a casa, in un luogo così familiare, così simile in tutto a come dovrebbe essere casa propria.


Patrick Leigh Fermor, Mani (1958)

L’essenza del viaggio, il nomadismo e il vagabonding

Ecco un volume che nessun reporter o viaggiatore dovrebbe perdere. Un po’ perché l’inglese Patrick Leigh Fermor, avventuroso, instancabile e curioso, ha incarnato alla perfezione la figura del viaggiatore. E un po’ perché il Mani è forse la parte più misteriosa e affascinante del Peloponneso. Questa parte di Grecia, estrema propaggine dell’Europa continentale che si bagna nel blu indaco, è terra aspra e a tratti ostile ma resta nel cuore.

Patrick Fermor si sofferma a lungo sui manioti, gente orgogliosa, di poche parole e all’epoca coinvolta in dure faide famigliari. E accanto ad un’attenta analisi delle famiglie e delle generazioni locali, ci guida nel suo viaggio on the road nel fascinoso Mani, tra antichi borghi, torri a picco sul mare e semplici pensioni in cui passare la notte. E un senso di nomadismo e di vagabonding ci assale.

Vorremmo seguire le sue orme. E siamo sicuri che prima o poi lo faremo! Dal monte Taigeto a Githio, passando per Aeropolis e i porticcioli di Gerolimenas e di Limeni, è un incanto senza fine.


Oggi il Mani sta diventando sempre più turistico, ma restano vive ed immutate alcune descrizioni di momenti perfetti ed estatici che Patrick Fermor ci ha lasciato nel suo libro, come quello in cui lo scrittore si riferisce alle ore trascorse all’hotel Atteone:


Trovarsi di nuovo in un letto, vagamente fasciato come un cadavere sull’orlo della resurrezione, sembrava un lusso incomparabile, quasi colpevole. La penombra era trafitta da una lama sottile di luce pomeridiana che scaturiva dalla giuntura dei due scuri.

In fondo non ci sentiamo anche noi così quando dormiamo in un qualsiasi alberghetto greco sul mare?


Zorba il greco, di Nikos Kazantzakis (1946)

La consapevolezza della felicità, l’importanza del qui e ora.

Un classico dei classici.

Ricordate la scena del film in cui Anthony Quinn balla il Sirtaki in una spiaggia (Stavros) dell’isola di Creta? Beh, se non lo sapete, quel film è la trasposizione cinematografica del romanzo Zorba il Greco di Nikos Kazantzakis, uscito nel 1946.

Un libro da non perdere per cogliere l’essenza della grecità e dell’umanità stessa, chiusa nell’eterno dualismo tra materia, sensualità, dolore e spiritualità, intellettualismo, metafisica. Zorba è affermazione della vita e dell’uomo oltre quel dualismo. E’ un inno alla vita.

Quella consapevolezza della felicità in quel dato momento, dell’importanza del qui e ora.


Allora quando non hai più tensioni, attese, aspettative verso questa o quella cosa, questo o quell'evento, sei tutto aderente all'atto dell'attimo. Sei tutto preso. Non c'è dualismo, non c'è domanda, non c'è ricerca.


Ero felice e lo sapevo. Di solito, mentre possediamo la felicità, duriamo fatica a rendercene conto. Soltanto quando essa è trascorsa, volgendo lo sguardo nel passato ci accorgiamo d'un tratto di essere stati felici. Ma sulla costa cretese io gustavo la mia felicità con piena coscienza di essere felice. Quel mare azzurro dall'abbagliante immensità si estendeva sino alla sponda africana. Dalle lontane sabbie ardenti giungeva spesso fino a noi l'alito deel caldo livas, il vento del Sud.


Dopo aver letto il romanzo di Kazantzakis, naturalmente vi invito a vedere il film. Un’informazione in più? La colonna sonora del film, composta da Mikīs Theodōrakīs, rese popolarissima la musica associata al sirtaki, la Danza di Zorba, che divenne appunto danza tradizionale greca.


Odissea di Nikos Kazantzakis (ed. originale 1938, ed. italiana 2020)

Il viaggio di Ulisse dopo Itaca. Elogio della libertà.

E’ lei, la prima traduzione italiana de “L’Odissea” di Nikos Kazantzakis. Iniziata nel 1925 e completata dall’autore cretese sull’isola di Ègina, dopo 13 anni e mezzo di lavoro e sette stesure autografe, è arrivata in Italia nel 2020 grazie all’accurato lavoro del noto editore e traduttore Nicola Crocetti.

Un’opera mastodontica e dal valore assoluto che nella versione definitiva si compone di 33.333 versi suddivisi in 24 canti (lo stesso numero delle lettere nell’alfabeto greco e dei canti dei poemi omerici) e in cui l’autore introduce l’uso di un metro inusuale, il decaeptasillabo, per riecheggiare l’esametro omerico.

Kazantzakis fa iniziare la sua Odissea da Itaca e immagina le nuove avventure di Ulisse. I Proci sono appena stati sterminati. Ulisse è irrequieto e insoddisfatto. Il nuove eroe è disamorato di Penelope e pronto a ripartire per nuove avventure. In questa prosecuzione fantastica dell’epos omerico, Ulisse è allo stesso tempo ascetico, arciere, seduttore, infedele e amorale.


La patria mi stava stretta, sentivo oltre le sue rive

altre patrie dagli occhi ridenti, altre anime carnose,

tristezze e gioie di ogni sorta, fratelli e sorelle,

che sedute sulle rive aspettavano il mio ritorno!

Che tu sia benedetta, vita, per non essere rimasta

fedele a un solo matrimonio, come una donnicciola;

è buono il pane del viaggio e l’esilio è miele,

per un istante eri felice, godevi ogni tuo amore,

ma presto soffocavi, e a ogni amante dicevi addio.

Anima, la tua patria è sempre stata il viaggio!

La virtù più fertile al mondo, la santa infedeltà,

segui fedele tra risa e pianti, e più in alto sali!


L’Odissea stessa è tante cose insieme. E’ un’epopea visionaria che porta Ulisse ad intraprendere un cammino da Creta all’Egitto, e poi attraverso l’Africa verso Sud. In questo assurdo viaggio Ulisse rovescia regni, fugge, viene catturato ma si libera, fonda una città ideale, e durante il percorso incontra vari personaggi.

Un motivo in più per non perdere l’Odissea? Kazantzakis utilizza numerosi vocaboli desueti raccolti in tutta la Grecia, parole un tempo usate da pescatori e contadini, che in questo modo sopravvivono alla tradizione.


L'Odissea di Kazantzakis è un’opera unica e preziosa, da leggere con grande amore, assaporandola con lentezza come gocce di un elisir. La traduzione di Crocetti ha richiesto ben sette anni di lavoro. Gliene siamo infinitamente riconoscenti. Perché è solo grazie a lui che possiamo apprezzarne la ricchezza e l’importanza.

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